
Quando parliamo di “valutazione preliminare” nelle relazioni, ci riferiamo a un processo che in inglese viene chiamato vetting: un insieme di osservazioni, domande e verifiche che compiamo, consciamente o meno, prima di fidarci davvero di qualcuno. Non si tratta di diffidenza patologica, ma di consapevolezza. In un mondo in cui i legami nascono velocemente, spesso tra chat e social, fermarsi un momento a valutare chi abbiamo davanti diventa un gesto di cura verso noi stessi.
La psicologia relazionale ricorda da tempo che la scelta del partner è un atto attivo, non passivo: non “capita e basta”, ma è frutto delle nostre decisioni, dei nostri criteri, delle nostre capacità di ascolto. Attrazione e chimica sono importanti, certo, ma non bastano a garantire una relazione sana. È qui che entra in gioco la valutazione preliminare: osservare se la persona rispetta i nostri confini, se mantiene le promesse, se mostra coerenza tra parole e comportamenti. In altre parole, capire se si può costruire fiducia su basi solide.
Alcuni autori hanno paragonato questa pratica a un colloquio di lavoro: quando si sceglie un dipendente, non ci si basa solo sulla simpatia a pelle, ma si valutano competenze, valori, coerenza, referenze. Allo stesso modo, nelle relazioni è legittimo chiedersi: questa persona sa ascoltare? Rispetta un “no” senza discutere? È affidabile nel tempo? Come gestisce il conflitto o un imprevisto? Queste non sono domande fredde, ma strumenti per proteggere la nostra vulnerabilità emotiva.
La valutazione preliminare non è un esame a cui sottoporre l’altro, ma un processo reciproco. Anche noi siamo valutati, osservati, scelti. In fondo, ogni relazione è un incontro tra due mondi che si studiano a vicenda prima di decidere se avvicinarsi davvero. E se in passato questa pratica era quasi implicita — le relazioni nascevano in comunità piccole, dove tutti conoscevano tutti, e le “referenze sociali” erano immediate — oggi, in un contesto globale e digitale, diventa ancora più necessaria.
Avere chiari i nostri criteri, e imparare a non ignorare i segnali che ci mettono a disagio, è il primo passo per costruire rapporti più sani. La valutazione preliminare non serve a trovare partner perfetti, che non esistono, ma a distinguere chi è capace di rispetto e di cura da chi non lo è. È un’arte che unisce istinto e razionalità, sensibilità e discernimento: una lente con cui proteggere il nostro spazio interiore prima di aprirlo davvero a qualcun altro.
La valutazione preliminare nel BDSM

Quando ci spostiamo dall’ambito delle relazioni quotidiane al mondo del BDSM, la valutazione preliminare assume un peso ancora più rilevante. Qui non si parla solo di compatibilità emotiva o di stili di vita, ma di attività che coinvolgono rischi concreti, fisici ed emotivi. Per questo motivo, nella comunità BDSM la valutazione preliminare è considerata un vero e proprio fondamento etico: il modo con cui ci assicuriamo che la persona con cui giocheremo sia affidabile, responsabile e rispettosa.
Le sigle che spesso accompagnano il discorso sul consenso — SSC (Safe, Sane, Consensual), RACK (Risk Aware Consensual Kink) e il più recente 4C (Caring, Communication, Consent, Caution) — hanno senso solo se, prima ancora di negoziare una scena, ci prendiamo il tempo di capire con chi abbiamo a che fare. Ciascun modello mette in luce un aspetto diverso: SSC insiste sulla sanità e lucidità, RACK sulla consapevolezza dei rischi, mentre i 4C sottolineano la centralità della cura reciproca, della comunicazione chiara, del consenso attivo e della prudenza. Tutti insieme offrono una bussola, ma restano parole vuote se non accompagnate da una vera valutazione preliminare delle persone con cui scegliamo di giocare.
Un Dom che si rifiuta di discutere di limiti, un sub che non vuole parlare dei propri bisogni, o un partner che non accetta un “no” come risposta valida: tutti questi sono segnali che la valutazione preliminare deve intercettare, per evitare situazioni spiacevoli o pericolose.
In molte community internazionali, il processo di valutazione preliminare non si limita alla conversazione privata. Spesso si osserva come una persona si comporta negli eventi pubblici, come interagisce con gli altri, se viene descritta come rispettosa da chi ha già giocato con lei. A volte si chiedono referenze dirette: parlare con chi ha avuto esperienze precedenti con quel partner per capire se ci sono stati problemi. È una sorta di “controllo incrociato”, simile a quello che faremmo per un lavoro importante o per affidarci a un professionista.
Naturalmente, anche nel BDSM la valutazione preliminare non è pensata per creare sospetto o per trasformare ogni incontro in un interrogatorio. È piuttosto uno strumento di protezione reciproca. Giocare con le corde, con l’impatto, con la dominazione o con pratiche intense significa esporsi a vulnerabilità profonde: fisiche, psicologiche, persino sociali. Non si può delegare alla fortuna. La valutazione preliminare diventa quindi una lente di sicurezza: rallentare, fare domande, osservare con attenzione, verificare coerenza tra parole e fatti.
Chi ha esperienza sa che spesso le incompatibilità emergono proprio nei dettagli: il modo in cui una persona gestisce il tempo, la disponibilità a discutere di rischi, la trasparenza nel parlare di ciò che sa fare e di ciò che invece non è nelle sue competenze. Se questi passaggi vengono ignorati, è più facile ritrovarsi in scene poco soddisfacenti o, peggio, dannose. Se invece la valutazione preliminare viene affrontata con serietà, può trasformarsi in un momento di conoscenza preziosa, in cui già si gettano le basi della fiducia.
Nel BDSM, quindi, valutare in anticipo non significa solo proteggersi: significa anche rispettare l’altro. È il riconoscimento che la sua sicurezza, i suoi limiti e le sue emozioni hanno valore, tanto quanto i nostri. In questo senso, la valutazione preliminare diventa un vero e proprio atto etico, capace di rendere la comunità più sicura, matura e consapevole.
In definitiva, la valutazione preliminare non è un’aggiunta superflua ma il cuore che dà sostanza a qualunque framework del consenso. Possiamo parlare di SSC, di RACK o di 4C, ma se non ci fermiamo a valutare con attenzione la persona che abbiamo davanti, restano solo buone intenzioni. La valutazione preliminare è ciò che trasforma questi modelli in pratica concreta: rende la sicurezza più di una parola, la consapevolezza più di un’idea, la cura più di un gesto estemporaneo. È il momento in cui i principi diventano realtà, e in cui si decide se la scena nascerà su un terreno fertile di fiducia, oppure su sabbie mobili.
La valutazione preliminare nello Shibari

Quando entriamo nel mondo delle corde, la valutazione preliminare assume un carattere ancora più delicato. Lo Shibari non è solo tecnica, non è solo estetica: è esposizione, vulnerabilità, corpo che si affida. A differenza di altre pratiche BDSM, qui la persona legata può trovarsi in condizioni di immobilità, sospensione o ridotta capacità di comunicare. Questo significa che la fiducia non è un accessorio, ma il fondamento stesso della pratica.
La valutazione preliminare nello Shibari non riguarda soltanto la scelta del partner, ma anche la cura del contesto e della relazione. Prima ancora di prendere in mano una corda, è necessario capire se la persona con cui ci si prepara a giocare è capace di ascoltare i segnali del corpo, se conosce i rischi legati a compressioni nervose e circolatorie, se accetta di fermarsi al primo segnale di disagio. Non è un dettaglio: una corda posizionata male o mantenuta troppo a lungo può avere conseguenze reali.
Un aspetto spesso sottovalutato, ma fondamentale, è la conoscenza dello stile personale. Nello Shibari esistono approcci molto diversi: alcuni pongono al centro la ricerca estetica e la pulizia tecnica, altri si concentrano sulla connessione emotiva e sul contatto fisico, altri ancora includono una forte componente erotica o l’uso del dolore come strumento di gioco. Conoscere questi elementi in anticipo aiuta a evitare incomprensioni e a scegliere esperienze che siano davvero in linea con i propri desideri e i propri limiti. Sapere se un rigger predilige il contatto ravvicinato o mantiene un approccio più distaccato, se considera la sessualità parte integrante della sessione o se preferisce mantenerla separata, se utilizza lo spanking e il dolore come linguaggio o se lavora quasi esclusivamente con le corde: tutte queste informazioni rendono la pratica più chiara e sicura per entrambi.
Chi lega deve quindi mostrarsi trasparente riguardo al proprio livello: dire cosa sa fare e cosa no, dichiarare se ha esperienza di sospensioni o se preferisce restare a terra, chiarire come gestisce emergenze e interruzioni. Chi si fa legare, d’altro canto, ha la responsabilità di comunicare i propri limiti fisici e le proprie preferenze, e di condividere eventuali problematiche (spalle delicate, dolori cronici, difficoltà respiratorie). La valutazione preliminare diventa così un dialogo che unisce tecnica, corpo ed emozioni.
Nello Shibari c’è poi un altro elemento importante: il silenzio. Spesso durante una legatura ci si muove in uno spazio che non è fatto di parole, ma di respiri, tensioni, micro-segnali. Ecco perché la valutazione preliminare deve includere anche come comunicare senza parlare: quali segnali usare per fermarsi, cosa significa un certo gesto, come interpretare un silenzio. In molte scuole si ribadisce la regola fondamentale: il silenzio non è mai consenso. Solo un “sì” chiaro può esserlo.
Valutare in anticipo, nello Shibari, significa anche stabilire una cornice di cura: dove si giocherà, quali strumenti di sicurezza ci saranno a portata di mano, quanto tempo ci si prenderà. È l’insieme di attenzioni che fa la differenza tra una corda usata come accessorio estetico e una corda vissuta come esperienza relazionale profonda. Perché il nodo non stringe soltanto il corpo, ma intreccia fiducia, vulnerabilità e attenzione.
In fondo, la valutazione preliminare nello Shibari è la prima corda invisibile che si stende tra chi lega e chi si lascia legare: non si vede, ma regge tutto il resto.

Valutazione preliminare e modelli relazionali: monogamia e polirelazioni
C’è un aspetto della valutazione preliminare che raramente viene messo in primo piano, ma che può determinare la riuscita o il fallimento di una relazione: il modello relazionale. Negli ultimi anni, accanto alla monogamia tradizionale, sono diventate più frequenti forme di non-monogamia etica, come le relazioni aperte, il poliamore, l’anarchia relazionale. Questo significa che, oggi più che mai, non possiamo dare per scontato che chi incontriamo condivida la nostra stessa idea di esclusività o di apertura.
Capire se una persona è monogama o poli, e in che modo vive le proprie relazioni, non è un dettaglio secondario: è un’informazione fondamentale. La presenza di altri partner nella vita di qualcuno, il modo in cui gestisce i legami, la trasparenza con cui ne parla: tutti questi elementi ci dicono molto non solo su come potremmo collocarci nella sua vita, ma anche su come quella persona intende la fiducia, la lealtà e la cura.
Nel BDSM e nello Shibari, questo punto diventa ancora più delicato. Non si tratta solo di stabilire chi gioca con chi, ma di sapere quali confini emotivi ed erotici sono già occupati, quali invece possono essere condivisi, e se la relazione che stiamo costruendo si innesta in un tessuto già complesso. Un monogamo potrebbe non voler iniziare una relazione, affettiva o di gioco, con una persona poli; allo stesso modo, chi vive in un contesto poliamoroso può non comprendere le aspettative di esclusività del partner. Scoprirlo dopo aver già intrecciato esperienze intense può portare frustrazione, dolore e conflitti che si potevano evitare.
La valutazione preliminare serve proprio a questo: ad aprire subito lo spazio per la domanda chiara e diretta, senza aspettare che siano i fatti a imporre risposte tardive. Non significa giudicare, ma comprendere. Non significa scegliere “il modello giusto”, ma trovare quello compatibile con i nostri desideri e i nostri limiti.
In definitiva, chiedersi apertamente se si è monogami, poli o aperti non è un’intrusione, ma un atto di responsabilità reciproca. È il primo passo per costruire una relazione BDSM o Shibari che non solo funzioni sul piano tecnico e fisico, ma che abbia basi solide anche sul piano affettivo. Perché ogni corda, ogni limite, ogni gioco si intreccia con la vita fuori dalla scena — e sapere in quale tessuto entreremo è il modo migliore per scegliere consapevolmente.
Come strutturare una valutazione preliminare

La valutazione preliminare non è un interrogatorio né un esame, ma un processo fatto di passaggi graduali. Potremmo immaginarla come una serie di cerchi concentrici: si parte da lontano, con le prime informazioni, e si arriva piano piano sempre più vicini, fino a decidere se vale la pena intrecciare un legame.
Il primo contatto avviene quasi sempre online, attraverso chat o social. Qui la valutazione preliminare significa soprattutto osservare: come scrive l’altra persona, quanto è rispettosa dei tempi di risposta, che tono usa. Un approccio troppo invadente, insistenze sul sesso o sulle corde senza alcuna conoscenza reciproca, la fretta di “andare al dunque” sono già campanelli d’allarme. Al contrario, chi sa prendersi il tempo per conoscersi, chi fa domande equilibrate e mostra interesse sincero per i tuoi limiti e desideri, trasmette un primo segnale positivo.
Il passo successivo è l’incontro di persona. Non deve per forza avvenire subito in una sessione privata: anzi, spesso è meglio incontrarsi in un contesto pubblico o semi-pubblico, come un munch, un workshop o un evento di community. Qui si può osservare come la persona interagisce con gli altri, se è rispettosa, se mostra coerenza tra quello che dice e quello che fa. In questo spazio intermedio, la valutazione preliminare non si limita a ciò che racconta, ma si allarga ai comportamenti concreti.
Un elemento importante, soprattutto nelle comunità BDSM e Shibari, è ascoltare ciò che altri hanno da dire. La reputazione conta, e chiedere pareri a chi ha avuto esperienze precedenti con una persona può dare informazioni preziose. Tuttavia, è fondamentale mantenere uno sguardo critico: ogni persona può essere bersaglio di antipatie personali, di diffamazione o di hater. Per questo, le voci vanno ascoltate, ma sempre verificate con attenzione e confrontate con i fatti. Un buon criterio è prestare attenzione non solo a ciò che viene detto, ma anche a come viene detto: se emergono accuse gravi o racconti molto negativi, porre domande dirette alla persona interessata può essere un modo efficace per osservare le reazioni. Scuse evasive, rabbia incontrollata o tentativi di minimizzare sono segnali di allarme; spiegazioni sincere e coerenti, invece, possono aiutare a chiarire e restituire fiducia.
Quando poi si decide di giocare, la prima scena dovrebbe essere pensata come un episodio pilota: breve, semplice, senza troppi rischi. È l’occasione per verificare se la comunicazione funziona, se i limiti vengono rispettati, se i segnali corporei sono colti con attenzione. Non si tratta di “testare” l’altro come se fosse sotto esame, ma di costruire insieme un primo pezzo di fiducia. Meglio una scena apparentemente minima che funzioni bene, piuttosto che un’esperienza spettacolare che lasci dubbi o ferite.
Infine, la valutazione preliminare non finisce mai davvero. Le persone cambiano, le relazioni evolvono, e ciò che era sicuro all’inizio può non esserlo più col tempo. Per questo è importante mantenere viva la pratica della revisione: chiedersi periodicamente come ci si sente, che cosa sta funzionando, che cosa invece va aggiustato. È un processo ciclico, non una formalità iniziale da archiviare.
In questo senso, strutturare una buona valutazione preliminare significa coltivare la capacità di osservare, chiedere e ascoltare. È un modo per rallentare, per non lasciarsi trascinare solo dall’entusiasmo o dall’attrazione, e per ricordarsi che la fiducia è un bene prezioso: va guadagnata, mantenuta e rinnovata.
Reputazione e ruolo della community

La valutazione preliminare non si esaurisce nel dialogo diretto con una persona. Soprattutto nel BDSM e nello Shibari, la community ha un ruolo importante nel fornire informazioni aggiuntive, esperienze precedenti e punti di vista che possono arricchire — o mettere in discussione — la nostra percezione iniziale.
Chiedere pareri a chi ha già avuto esperienze con un potenziale partner può essere molto utile. La comunità, quando funziona bene, è una rete di protezione: scambiarsi osservazioni e racconti permette di evitare rischi e di riconoscere figure che nel tempo hanno dimostrato affidabilità, cura e rispetto. Allo stesso modo, può aiutare a segnalare comportamenti problematici o situazioni da cui stare alla larga.
Tuttavia, c’è un aspetto delicato: la reputazione non è mai una fotografia oggettiva. Può essere condizionata da antipatie personali, conflitti irrisolti, dinamiche di potere interne ai gruppi o addirittura da episodi di diffamazione. Per questo è importante ascoltare le voci della community senza prenderle come verità assolute. Un parere è sempre un tassello, non l’intero mosaico.
Il criterio più sano è duplice: ascoltare con attenzione, ma verificare di persona. Se emergono racconti negativi o accuse gravi, non basta fermarsi alla voce sentita. È utile fare domande dirette alla persona interessata, osservare le sue reazioni, valutare se offre spiegazioni coerenti e sincere oppure se scivola in rabbia, minimizzazione o rifiuto di parlarne. Anche questo è un test prezioso: non tanto per stabilire chi abbia “ragione”, ma per capire come quella persona gestisce conflitti e responsabilità.
La reputazione, quindi, non è un verdetto ma uno strumento di orientamento. Una bussola che va sempre affiancata all’esperienza diretta, al dialogo e all’osservazione. Chi si affida ciecamente alle voci rischia di perdersi opportunità preziose o, al contrario, di cadere vittima di persone manipolatrici che hanno saputo coltivare una buona immagine esterna.
In definitiva, la community è parte integrante della valutazione preliminare, ma non può sostituirla. È una fonte di informazioni, non una sentenza. Sapere ascoltare, filtrare e verificare è il modo più efficace per trasformare le voci in strumenti di cura e non in semplici pettegolezzi.
Esempi di domande utili
Una valutazione preliminare ben fatta non vive solo di osservazioni: ha bisogno anche di domande. Non si tratta di un’intervista formale, ma di un dialogo sincero, in cui entrambi hanno l’occasione di raccontarsi e di scoprire se esiste una base comune di fiducia. Le domande non servono a smascherare l’altro, ma a dare voce a temi che, se taciuti, potrebbero generare incomprensioni o rischi.
Alcune domande sono di carattere generale, legate all’esperienza e allo stile. Chiedere “Che tipo di gioco ti interessa di più?” o “Che ruolo ti fa sentire a tuo agio?” non è solo un modo per rompere il ghiaccio: è una chiave per capire la visione che l’altra persona ha del BDSM o dello Shibari. C’è chi cerca intensità fisica, chi punta all’aspetto estetico, chi vive la corda come meditazione, chi come strumento erotico. Sapere queste cose prima evita equivoci e delusioni.
Ci sono poi domande che riguardano direttamente la sicurezza. In questo ambito la chiarezza è fondamentale. Un rigger che, se gli chiedi “Come ti accorgi che una corda sta diventando pericolosa?” risponde con dettagli concreti — come il monitoraggio del colore della pelle, della temperatura o del respiro — trasmette affidabilità. Al contrario, chi liquida la domanda con leggerezza o ironia, dimostra una superficialità che può diventare rischiosa. Allo stesso modo, un bottom che spiega come comunica disagio, che segnali usa e quali zone del corpo preferisce proteggere, sta offrendo strumenti preziosi per rendere la scena sicura e soddisfacente.
Un altro gruppo di domande tocca il tema del consenso e della comunicazione. Chiedere “Come preferisci che ci fermiamo, se qualcosa non va?” o “Vuoi che faccia check-in durante la scena o preferisci che ti lasci immergere?” non significa interrompere la magia, ma costruirla. È attraverso queste piccole intese che nasce la possibilità di abbandonarsi con fiducia. Un “sì” chiaro, discusso e condiviso vale molto più di un silenzio ambiguo.
C’è poi una categoria di domande che spesso viene trascurata, ma che può rivelare molto: quelle legate alle relazioni interpersonali più ampie. Chiedere come una persona si rapporta ai colleghi, agli amici, alla famiglia non è un’invasione di privacy, ma un modo indiretto per capire lo stile relazionale. Chi parla con rispetto delle persone intorno a sé, chi mostra empatia anche verso chi non fa parte del gioco, probabilmente porterà lo stesso atteggiamento anche nella relazione BDSM o nello Shibari. Al contrario, chi racconta solo conflitti, rancori o denigra costantemente gli altri, potrebbe rivelare un approccio poco equilibrato alle relazioni in generale.
Ma le informazioni non stanno soltanto nelle risposte: spesso si nascondono nel modo in cui le risposte vengono date. Una domanda a cui si risponde in modo vago, con giri di parole, o che viene sistematicamente evitata, dice molto quanto una risposta chiara. La valutazione preliminare, in questo senso, è un’arte dell’ascolto attento: non solo ascoltare cosa viene detto, ma come, con che tono, con quanta disponibilità o chiusura. Anche i silenzi, le esitazioni e i cambi di argomento fanno parte della comunicazione.
Infine, ci sono le domande sull’aftercare, spesso sottovalutate ma decisive. Sapere se l’altro ha bisogno di acqua, di zuccheri, di contatto fisico o al contrario di spazio e solitudine è parte integrante della responsabilità reciproca. Molte tensioni nascono proprio quando questi bisogni vengono ignorati, mentre una domanda in più, posta prima, può trasformare la fine di una scena in un momento di cura e di consolidamento della fiducia.
In questo senso, le domande non sono una lista da spuntare, ma un linguaggio relazionale. Non servono a “controllare” l’altro, ma a dichiarare fin dall’inizio che la relazione, anche se limitata a una scena, si fonda su ascolto e trasparenza. La valutazione preliminare diventa allora un dialogo a doppio senso, in cui domandare significa anche offrire: dire chi siamo, che cosa desideriamo e che cosa non è negoziabile.
Errori comuni da evitare
Parlare di valutazione preliminare è importante, ma altrettanto utile è sapere cosa non fare. Molti problemi nascono infatti da leggerezze, scorciatoie o illusioni che possono sembrare innocue, ma che nel tempo si rivelano rischiose.
Uno degli errori più frequenti è confondere la popolarità con l’affidabilità. Una persona molto conosciuta nella community, con tanti follower o inviti a eventi, non è automaticamente sicura o rispettosa. La visibilità non sostituisce la responsabilità. Allo stesso modo, un profilo social curato o un’aura di carisma non possono prendere il posto di una reale valutazione sul campo. La reputazione conta, certo, ma deve essere sempre accompagnata da osservazioni dirette e da esperienze concrete.
Un altro errore comune è ignorare i segnali deboli. Spesso, quando ci piace qualcuno o quando desideriamo molto vivere una scena, tendiamo a minimizzare quei piccoli campanelli d’allarme: un messaggio invadente, una battuta svalutante, un rifiuto a rispondere a una domanda chiara. Piccoli dettagli che da soli sembrano insignificanti, ma che insieme disegnano un quadro. La valutazione preliminare richiede di saper ascoltare anche questi sussurri, prima che diventino grida.
C’è poi la tentazione di partire subito “in grande”, senza costruire una base solida di fiducia. È l’errore di chi si lancia in sospensioni complesse o in pratiche ad alto rischio con una persona conosciuta da poco, senza aver mai condiviso una scena semplice o una conversazione approfondita. In questi casi, l’entusiasmo prende il posto della prudenza, e il rischio di esperienze negative aumenta. Procedere a piccoli passi non toglie intensità: al contrario, permette di crescere insieme e di rendere le scene più sicure e più ricche.
il percorso di valutazione:
Infine, un errore sottile ma pericoloso è credere che la valutazione preliminare sia un passaggio da fare una volta sola. In realtà è un processo continuo: le persone cambiano, le relazioni evolvono, le condizioni fisiche ed emotive non sono mai identiche. Dare per scontato che “se funzionava prima, funzionerà sempre” significa smettere di ascoltare. E nello Shibari, come in tutte le pratiche BDSM, smettere di ascoltare è il modo più rapido per far incrinare la fiducia.
Riconoscere questi errori non significa vivere nel sospetto o nella paranoia, ma ricordarsi che la valutazione preliminare non è una gabbia, bensì una cornice che protegge la libertà. Evitare le scorciatoie, i pregiudizi e le illusioni è il modo migliore per dare valore al tempo, al corpo e all’attenzione che mettiamo nelle nostre relazioni.
La valutazione preliminare come pratica didattica
Se nelle relazioni quotidiane la valutazione preliminare può sembrare una competenza intuitiva, nel BDSM e nello Shibari diventa una vera e propria abilità che si può insegnare e coltivare. Non nasce dal nulla, ma si affina con l’esperienza, con il confronto e con la pratica. Per questo le scuole, i workshop e gli spazi educativi hanno un ruolo importante: rendere esplicito ciò che spesso viene lasciato implicito.
Molti corsi pongono l’attenzione sulla tecnica — nodi, posture, gestione delle corde — e solo di sfuggita toccano il tema del consenso e della comunicazione. In realtà, la valutazione preliminare è parte integrante della tecnica stessa: senza di essa, nessun nodo è davvero sicuro. Insegnarla significa dare strumenti per osservare e per ascoltare, per capire quando è il momento di fermarsi e quando invece è possibile andare oltre.
Un aspetto didattico utile è simulare conversazioni e negoziazioni. Proporre scenari in cui gli allievi devono fare domande, chiarire i propri limiti, rispondere a richieste difficili. In questo modo, si sperimenta in un contesto protetto ciò che poi dovrà avvenire nella realtà. È un esercizio che non solo allena le parole, ma anche la capacità di osservare: come reagisce una persona a una domanda diretta? Come gestisce un confronto su un limite non condiviso? Sono piccole esperienze che allenano alla consapevolezza.
spazi pubblici:
Anche le regole degli spazi pubblici hanno una funzione didattica. Ribadire, ad esempio, che il silenzio non equivale mai a consenso, o che l’aftercare fa parte integrante di una scena, educa a un’etica comune. Sono principi che non si limitano alla singola relazione, ma costruiscono una cultura condivisa della sicurezza e del rispetto.
In questo senso, la valutazione preliminare diventa una pratica comunitaria, non solo individuale. Se ogni persona impara a osservare, a fare domande e ad ascoltare, lo spazio collettivo diventa più sicuro per tutti. Non è un insieme di divieti, ma un linguaggio comune che permette a ciascuno di vivere le proprie esperienze con maggiore libertà e autenticità.
Lo Shibari, come ogni arte che coinvolge corpi e fiducia, non può crescere senza questa dimensione educativa. Insegnare a valutare prima di legare significa insegnare a prendersi cura: della propria vulnerabilità, di quella altrui, e dello spazio che si costruisce insieme.
Conclusione – La cura che precede la fiducia
La valutazione preliminare non è un gesto di sospetto, ma di cura. Significa prendersi il tempo di conoscere, di ascoltare, di osservare prima di consegnare a qualcuno parti intime di sé: il corpo, le emozioni, la vulnerabilità. In un mondo che corre veloce, e in cui spesso si tende a bruciare le tappe, fermarsi a valutare non è un freno alla libertà, ma il modo migliore per proteggerla.
Nelle relazioni di tutti i giorni ci aiuta a distinguere tra attrazione momentanea e compatibilità profonda; nel BDSM diventa la cornice che rende possibile vivere pratiche intense in modo sicuro e consapevole; nello Shibari, infine, è la corda invisibile che sostiene tutte le altre, il filo di fiducia che rende ogni nodo più saldo e ogni sospensione più autentica.
Valutare non significa mettere alla prova l’altro come in un tribunale, ma coltivare un dialogo sincero, fatto di domande e di risposte, di attenzioni e di trasparenze. È un processo che non finisce mai, perché le persone cambiano e le relazioni si trasformano. Ed è proprio questa continuità a renderlo prezioso: la fiducia non è qualcosa che si concede una volta per tutte, ma un bene che si rinnova a ogni incontro, a ogni scena, a ogni legatura.
La valutazione preliminare è quindi un atto etico, ma anche estetico: è l’arte di costruire spazi in cui il piacere e la libertà possano fiorire senza paura. Perché solo quando ci sentiamo davvero al sicuro, possiamo abbandonarci e vivere l’intensità che il BDSM e lo Shibari sanno offrire.
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